Il volto femminile nel richiamo sfolgorante della sua bellezza può permettere ad Antonietta Meneghini di approfondire la ricerca dei sentimenti. Si trova nei visi un senso di mistero, di riflessione, che traspare nel passaggio da una tela all’altra attraverso una materia cromatica distesa con sicurezza e precisione. I volti, emergenti su sfondo monocromatico, in risalto del primo piano, vivono di una luce, che li idealizza. Meneghini pare insegua il pensiero di George Simmel, che pone nel suo saggio di filosofia d’arte dedicato a Rembrandt la differenza tra “bellezza” e “perfezione” e prosegue nel considerare la tradizione squisitamente italiana quando afferma: «Il mondo classico italiano aderisce a un obbligo della bellezza», definito invece, sempre da Simmel, qualità della “perfezione”.
Così, alla scelta delle sue protagoniste, all’abilità di lavorare con sicurezza nel taglio dell’immagine, alla ricerca della posa, Meneghini unisce la nota di silenzio nel dito sulla bocca, fissa la gestualità, coglie la pensosità nello sguardo abbassato, esalta la femminilità nel dettaglio di una spallina rinforzando di volta in volta, attraverso le immagini, il richiamo dello sguardo su volti dalla bellezza davvero disarmante. La galleria dei personaggi declinati quasi tutti in bianco e nero e dedicata, per lo più, al mondo femminile è questo, oppure Meneghini nel passaggio rapido tra fotografia e pittura introduce unicamente e con leggerezza, al vasto mondo dell’apparire?
Critico: MARIA LUISA FERRAGUTI
in La Domenica di Vicenza, dicembre 2010